martedì 11 ottobre 2016

Alzheimer: nuove frontiere di ricerca e possibili cure con il gene PGC1-alfa

Alzheimer

Un gene iniettato nel cervello riuscirebbe a prevenire il morbo di Alzheimer. 
Questa è la magnifica notizia che emerge da una ricerca che potrebbe aprire la porta a nuove cure contro questa malattia.

Un team di ricercatori, guidato dalla spagnola Magdalena Sastre, ha sviluppato un metodo per prevenire il morbo di Alzheimer nei topi, iniettando un virus che consente di trasmettere un gene specifico nel cervello,
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Proceedings of National Academy of Sciences.
Questa scoperta nata da diversi studi di ricercatori dell'Imperial College di Londra, anche se nelle sue fasi iniziali, potrebbe comunque aprire la porta a nuovi possibili e innovativi trattamenti per la malattia.


I lavori e gli studi hanno scoperto che questo gene, chiamato PGC1-alfa che può impedire la formazione della proteina amiloide-beta natriuretico in cellule in laboratorio. Questa proteina è il componente principale delle piastre dell'amiloide, una massa viscosa di proteine che è stata trovata nel cervello di persone affette dal morbo, e che si pensa scateni la morte delle cellule del cervello. Questa scoperta potrebbe favorire nuovi approcci per prevenire o bloccare la malattia nelle sue fasi iniziali.

"Anche se questi risultati sono ancora nella fase iniziale suggeriscono, comunque, che questa terapia dei geni può avere un uso potenziale terapeutico per quei pazienti. Ancora ci sono molti ostacoli da superare e attualmente l'unico modo di trasmettere questo gene è attraverso l'iniezione diretta nel cervello", ha spiegato il dr. Sastre, dell'Imperial College di Londra, autore principale dello studio.

I ricercatori hanno iniettato il virus con il gene in due aree specifiche del cervello dei topi dove si potrebbe sviluppare il morbo di Alzheimer, l'ippocampo (che controlla la memoria a breve termine) e la corteccia (che controlla la memoria a lungo termine), tra il resto trattasi delle prime aree dove avviene l'attecchimento delle placche amiloidi.
Gli animali sono stati trattati precocemente ossia nei primi episodi della malattia, quando ancora queste formazioni non sono presenti; quattro mesi più tardi è stato osservato che i topi che avevano ricevuto il gene avevano sviluppato pochissime placche rispetto al gruppo di topi che non erano stati sottoposti al trattamento. Inoltre, non era stato registrata la classica perdita di cellule cerebrali nell'ippocampo. Il dottor Sastre ha aggiunto che altri studi sono in corso, e che sia l'esercizio fisico ed un altro componente quale il resveratrolo, può aiutare a innalzare i livelli di questo gene PGC-1.

"Ancora siamo all'inizio dall'utilizzo di questa terapia come trattamento clinico. Tuttavia, nei casi urgenti della malattia c'è bisogno di nuove opzioni per i pazienti e questa scoperta offre speranza per le future terapie", ha inoltre spiegato Sastre.

La ricerca è stata finanziata Dipartimento della Salute britannico e dal Consiglio della ricerca europea.








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